La sezione "La Recensione del lunedì" vuole dar valore alla cultura, parte fondamentale del territorio. Il lunedì inizia la settimana lavorativa, così proprio il lunedì sarà pubblicata una recensione, sui libri, sulla musica, sulla pittura, sulla scultura, sui film, sull'intepretazione teatrale. La settimana lavorativa inizerà insieme alla cultura.
San Manuel Bueno di Miguel de Unamuno
Ricco di idee narrative ed espositive si legge con
applicabile attualità al giorno d’oggi e in una terra diversa dall’originale
territorio che gli ha dato i natali, la Spagna di Miguel de Unamuno, quella
terra iberica a cavallo tra l’ottocento e il novecento. Tradotto ed editato da
“Officina Trinacria Edizioni” vede nella sua veste grafica un pregevole
prodotto editoriale. Le storie accattivanti si leggono rapidamente, immergendo
la propria mente nella cultura altra di un periodo altro.
Recensione sul romanzo "I Leoni di Dardarin"
Un fantasy profondo e affascinante. Nessuna ridondanza, ma
fine inclinazione a far susseguire gli eventi in una storia senza precedenti.
Alta volontà di narrare gli eventi con naturalezza, con descrizioni calzanti.
Brillante sintassi e semantica trasportante, da prendere da esempio per chi
intraprende la scrittura del genere letterario. Le avventure procedono senza
sbavature di sorta. Un fantasy diretto, che non punta sull’attesa del sequel,
ma sul desiderio da parte del lettore di girare pagina, conoscere il capitolo
successivo, lasciando una certa nostalgia alla fine della storia, poiché
finita, vista la sensazione di vivere da parte del lettore con gli stessi
personaggi. La lotta per la libertà la fa da padrona, con una morale piena e
colma di orgoglio.
Recensione dei due romanzi "Faccio quello che voglio" e "Buttanesimo" dell'autore, in arte, Adriano Meis. Editi da Officina Trinacria Edizioni
“Faccio quello che voglio” e “Buttanesimo” sono
puro realismo riportato nelle pagine di queste due opere. L’autore Adriano Meis
accompagna i lettori di codesti libri con mano, indicando la strada per entrare
nella mente di personaggi che caratterizzano la vita di ogni momento della
giornata di una porzione di popolazione palermitana, appartenente a vari quartieri
che siano: Ballarò, Capo, Kalsa o Vucciria. Personaggi che vivono la vita e ne
apprezzano la peculiarità legata all’amore, oltre a vivere le trasgressioni sessuali,
le sofferenze di chi vive di poco; essi vivono ogni giorno diversamente dal
giorno prima, e in modo identico a tanti altri giorni vissuti prima in un
ambiente che toglie diritti, ma rende calorosa la vita.
I
personaggi amano, parlano un linguaggio ricco di quel gergo locale che rende
tradizionali i rapporti.
I due libri regalano sorrisi autentici e spontanei
sia ai lettori che vivono la città capoluogo della splendida Sicilia, sia a chi
ivi non vive, ma tramite queste righe può immaginare i sentimenti coinvolgenti
della gente del luogo descritto.
Recensione sulla silloge poetica "Miele di Mare" di Emanuele Lanzetta edito da Officina Trinacria Edizioni
È un viaggio la silloge “Miele di Mare” di Emanuele
Lanzetta, un viaggio extracorporeo a ricercare il verso ottimale, il verso da
seguire per giungere all’anima dei luoghi. E il protagonista riesce in questo,
raggiunge la meta, quindi la sensibilità di chi si immerge nella lettura di
queste poesie. I versi per giungere a una tale esplosione di sensazioni sono
due, il primo è quello dell’autore che giunge al lettore e il secondo è quello
del lettore che come in un’illusione vive il sogno e così ringrazia il poeta
del regalo donato ai suoi occhi e alla mente. Tutto questo è relativo alla
capacità di far congiungere sensi percettivi tramite le parole, e far
convogliare brividi impercettibili ad occhi nudi poiché conservati nella psiche
più interna di ogni lettore e autore come di colui di cui si parla.
Recensione sul libro "Delitto a Monte Pellegrino"
Piccoli intrecci in grandi intrecci, tutto ciò si intravede nel romanzo giallo “Delitto a Monte Pellegrino”. Ma la genialità dell’autore è evidente nel riuscire a non far capire, a chi si immerge nella lettura, quale siano gli intrecci minori rispetto a quello maggiore. I colpi di scena aprono la strada alla caratteristica peculiare del libro, la sua inaspettata soluzione dei fatti. L’autore rimane comunque leale e inattesa diventa a tratti la voglia di conoscere ciò che succederà, così da creare una suspense altalenante e appassionante.
Presentazione del libro "Come un gioco nel labirinto"
Un labirinto chiaramente contenitore di emozioni
che con le poesie viaggiano e alla luce di una fonte luminosa piangono. Questa
non è che una delle figure leggibili nella silloge “Come un gioco nel
labirinto”. Un labirinto che potrebbe essere visto e vissuto come portatore di
disperazione, ma che trovata l’uscita può divenir al contempo sollievo e dove
trovar protezione, come la luce lontana di una luna ispirazione di idee.
Recensione sulla raccolta di due racconti "Chi le tocca muore" di Daniela Di Benedetto edito da Officina Trinacria Edizioni
Recensione sul romanzo "Persi un battito" di Elettra Maria Oddo
Il disegno è la prima espressione artistica di un
bambino o di un ragazzino. Con esso rappresenta i suoi disagi, le gioie
provate, il divertimento o la noia. Poi accade che una ragazza di quattordici
riesca a illustrare in modo eccelso le parole usate in maniera ancor più
eloquente nel suo libro “Persi un battito”. La ragazzina è Elettra Maria Oddo,
che è riuscita a parlare con semplicità e schiettezza di un tema importante: la
donazione degli organi. Non solo, le gioie e i dolori dei personaggi sembrano
toccare con una minuzia pregevole. Dialoghi e frasi evidenziano la capacità di
sintesi, che coperiodicamente dicono tutto, dalla paura sul futuro, ai problemi
sociali, economici, morali ed emozionali che aleggiano sul nostro tempo.
“Persi un battito”riassume ciò che si prova
nell’intraprendere la lettura di questo scritto.
Il percorso talentuoso si vede già tracciato sulle
capacità letterarie e comunicative della giovane scrittrice.
Recensione sul libro "Rosario Livatino. La coscienza di un giudice"
“Rosario Livatino. La coscienza di un giudice.” di Gilda
Sciortino, è sintomatico di una Sicilia che ha desiderio di gridare e non
zittirsi, urlare al malaffare che ha perso, perde ogni qualvolta una
giornalista, uno scrittore, racconta la verità e non teme rappresaglie. Tutti
dovrebbero ringraziare la giornalista in questione per averci informato della
coscienza nobile di questo giudice, del suo coraggio, della sua sfida a testa
alta contro ogni forma di mafia. Voglio ringraziarla soprattutto io per avermi
fatto conoscere lati della personalità del grande giudice di Canicattì, paese
dove ho trascorso infanzia e adolescenza. Il giudice conobbe me, perché amico
di famiglia, ma io non ricordo nulla di lui poiché avevo solo cinque anni al
momento del truce assassinio subito. Osservavo
spesso l’esterno della sua abitazione attraverso le finestre della casa di mia
nonna e mi chiedevo sempre chissà chi era questo ragazzo, cosa pensava, chi
amava, la sua fede, il suo modo di rispettare il lavoro degli altri, la volontà
di aiutare i compagni e la sua maniera di giudicare solo ai fini terreni e non
immaginare o desiderare la morte di nessuno, nonostante sapesse la fine che lo
attendeva. Grazie Gilda, grazie Rosario, grazie all’editore Salvatore Insenga,
grazie per la speranza consegnata, che anche se a stento resiste ai giorni
nostri. Ma se continueremo a scrivere loro perderanno la speranza di vincere.
Recensione sulla poesia di Annamaria Romito
Recensione sul romanzo "L'erede" edito da "Officina Trinacria Edizioni" in lingua italiana e da "Trinacria Ed." in lingua inglese.
Quando più generazioni di uomini e parenti vengono in contatto nascono malintesi, conflitti, ma che spesso si risolvono con un abbraccio. Nel romanzo “L’erede ” è presente più di uno scontro generazionale, è presente una violenza psicologica perpetuata tra giovani e meno giovani, le incomprensioni divengono cruente e tutto ciò è esplicato e narrato in modo penetrante. Il lettore prova rabbia insieme ai protagonisti, il lettore sente la presenza incombente dell’invidia, della gelosia, non può rimanere insensibile, grazia alla capacità espositiva dell’autore. Pagina dopo pagina si entra in contatto con le emozioni e con il potere caratteriale di alcuni dei protagonisti. Il romanzo è stato editato dalla casa editrice "Officina Trinacria Edizioni", adesso "Salvatore Insenga Editore", e tradotto ed editato negli Stati Uniti D’America da "Trinacria Ed." con il titolo "Sicilian Dynasty". Spesso il complotto non è necessariamente internazionale, ma si nasconde in casa. I complimenti all’autore.
Recensione sulla Trilogia di Sofia
La morte è parte della vita, forse, ma riuscire a
trasmettere il concetto è molto difficile. Non basta nessun linguaggio,
verbale, paraverbale o non verbale. Nel regno animale molte specie
metabolizzano il dolore spostandosi, evadendo, allontanandosi, tuttavia vi sono
specie che non riescono a capire cosa sia successo con quel grave evento e non
riescono a capire il distacco.
Francesco Casali con la “Trilogia di Sofia” riesce
a comunicare il dolore dei personaggi in maniera esemplare. Gioca con periodi
che rimangono impressi per la loro profondità, per il loro trasporto. Le storie
sono nata in parte, nella mente dell’autore, in seguito alla sua esperienza nel
campo educativo e riabilitativo, così ha immaginato la storia di personaggi che
devono necessariamente vivere lo stesso trauma, per capirsi e spingersi
vicendevolmente. La passione che ha per il suo lavoro si denota anche
nell’impegno e nell’empatia che ha adoperato per scrivere questa bella opera.
In ogni singolo evento narrato l’autore entra in
pieno, si inerpica in essi, invitando i personaggi a prendere per mano i
lettori e a condurli dove animo umano non può penetrare se non guidato e
aiutato a “capire”.
Alcuni disegni presenti nel libro completano gli
stati d’animo di attesa, pessimismo, e
contemporaneamente rabbia, ma anche desiderio che tutto sia solo un
incubo. Non si consiglia la lettura per avere risposte, ma per trovare il modo
come porsi le giuste domande.
Recensione sul romanzo "La Siciliana"
Il romanzo “La siciliana”, della sensibile scrittrice Maricla Di Dio, trasmette in maniera diretta e
trasparente uno spaccato della vita e della cultura siciliana di tempi ormai
trascorsi. Le pagine si nutrono di passione, lotta per l’amore, volontà estrema
della protagonista di non voltare pagina sugli eventi della vita, affinché si
scopra la verità su ciò che è accaduto al marito. La protagonista viene dipinta
ai nostri occhi con minuzia di particolari, come se ci fosse realmente la
sagoma in controluce e come se la sua immagine fosse scolpita. Man mano che si
procede con la lettura il trasporto è inevitabile, si vuol conoscere sempre più i
lati del carattere caldo della donna, di quel tipo di donna che, sì viene
sopraffatto sessualmente da un uomo infido che non è il marito, ma che non si arrende e non tarda a ricordare le
qualità che la possono contraddistinguere.
Recensione sul romanzo "Immagina" di Yami Yume
Nel romanzo si parla di spiritualità, energia nel
senso profondo del termine, cioè quell’energia che è vita ed è il motore
latente dell’universo. In alcuni tratti il romanzo diventa una guida su come
poter liberare quest’energia. Vengono trattati temi come quello della
depressione, a volte sembra che la speranza abbia abbandonato tutti i
protagonisti, come se da sogni siano divenuti incubi anche loro, ma è a questo
punto che si denota la bravura della scrittrice, nel riuscire a rendere bene
l’idea. Alcune regole sul mondo onirico sembrano essere trasgredite, ma
l’aspetto surreale è intrinseco di quel mondo.
Sono presenti dettagli che rendono viva la
lettura, senza scadere nella ridondanza. Sono presenti idee, di libera
interpretazione da parte del lettore, come l’est che pone le basi nella
meditazione, con la presenza di una cospicua rassegna culturale orientale, e l’occidente che è alcova di
negatività e incubi, anche se la mappa del mondo di Immagina non rispecchia
quella terrestre.
L’immaginazione è aiutata da immagini, disegni che
rendono quest’opera ancor più completa grazie ai più talenti dell’artista.
Tutto il romanzo è un sogno lucido, d’altronde
sono solito pensare che un bel libro si ha quando sogno e lettura si
confondono, quando dopo tempo si ha il dubbio di aver vissuto un sogno o di
aver letto un’opera, grandiosa come questa.
Recensione sulla scrittrice e poetessa Miriana Di Paola
Accende i riflettori anche sul sociale, grazie ai
suoi racconti. La sua scrittura è
scorrevole, ricca di fantasia e motivata dall’ispirazione costante della vita.
Lessico semplice, ma intriso allo stesso tempo di elementi semantici calzanti.
Comunicatrice costante, fa dei suoi articoli e
saggi un invito alla riflessione.
Riesce a ispirare disegni, note e interpretazioni
perché esprime le emozioni in modo sublime. Fa delle parole dei dardi,
impossibile una volta lette o ascoltate non rimanerne colpito.
Raro trovare tanta maestria nei pensieri artistici
e culturali di una ragazza di vent’anni.
Recensione sul talento interpretativo dell'attrice Stefania Calì
Recensione sui disegni di Gisella Ruggeri, in arte MsGiza
La disegnatrice Gisella Ruggeri, in arte MsGiza, ha la
capacità di trasferire una poesia, una lirica di un poeta e con essa le
sue
emozioni, in un disegno che abbia colori corrispondenti alle lunghezze
d’onda
dei versi, che siano emozioni cupe riportate con il nero, vivaci tramite
colori più tenui. La speranza seguente la rivalsa dell’uomo viene
interpretata
minuziosamente, così come la nostalgia. La visione di una porzione di
natura
orientale può essere vista, apparentemente dal poeta compositore della
propria
lirica con occhi distanti culturalmente, ma empaticamente interna ad
essa da
parte della disegnatrice in questione, che riesce ad estrarre quelle
intenzioni
latenti che il poeta contiene, celate nell’animo. Arti visive e arti
letterarie
vengono pensate come distanti, ma in alcuni casi questa barriera che li
divide
crolla grazie alle capacità artistiche di disegnatrici come Gisella
Ruggeri. È
un piacere vedere un’artista davanti la propria tela, sembra in tal caso
che la
tela entri dagli occhi dell’anima ed esca dalla mano e dalle sue dita
talentuose.
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Disegno di Gisella Ruggeri ispirato dalla poesia "Lacrime Nere" di Luigi Pio Carmina. Entrambi hanno partecipato all'evento "Gocce di Poesia, arte ed emozioni" |
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Disegni di Gisella Ruggeri esposti all'evento "Abballatazza Folk Fest", tenutosi a Montedoro (Cl) |
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La disegnatrice Gisella Ruggeri. |
Recensione sui disegni e sul talento artistico e letterario di Francesco Gullo
Francesco Gullo è un artista. Fa arte quando presenta un evento, quando disegna, scrive racconti, compone poesie e interpreta i testi di altri poeti e scrittori.
Francesco Gullo crea con i suoi disegni la
dimensione, sembra che i suoi disegni vivano. Regala un’emozione pari a chi nel
rinascimento depositò nelle menti degli osservatori e degli amatori dell’arte
la famigerata prospettiva. Quella è un’emozione che ancora oggi esiste, anche
dopo cinquecento anni. Spero che continui ad esistere nel tempo la visione
artistica dei disegni e degli schizzi di questo artista, l’augurio va
soprattutto alla popolazione, affinchè un giorno possa ammirare e godere di
tale vista.
Gli artisti poliedrici condividono e convivono con
l’espressione artistica, ecco che nell’esempio preso in esame ritroviamo poesie
nel senso atavico del termine, quasi fosse epica, poesie spasmodiche di
trasmettere pensieri, per non parlare dei racconti inglobanti ogni genere e
tema.
Parlare con questa persona è un continuo
coinvolgimento di sensi, di cultura, arte e prospettive artistiche future.
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Disegno di Francesco Gullo ispirato e illustrante la poesia "Storia di un passato" di Salvuccio Barravecchia, partecipanti all'evento "Gocce di Poesia, arte ed emozioni" |
Recensione sulla raccolta di racconti "I Figli di Eolo" del pittore e scrittore Carlo Puleo.
L’ambiente fa da contorno alle storie. Storie colme di ironia, che caratterizza la popolazione sicula doc. Questo lo si vede nella riflessione sarcastica di poter fare ciò che si vuole se non si è visti da altri, o la riflessione del mancato aiuto da porgere a chi non ti servirà, evidenziabile da piccoli particolari come l’accendino non prestato a chi non sarebbe stato utile in seguito. Non manca l’umorismo, insito nei nostri geni sicani, portatore di ilarità quando si cerca la via Giotto per scoprire che la scritta è la combinazione di una lettera con un numero. Aspetto cruciale, infine, della polizia che abituata alle malefatte non si impegna più di tanto alla sua lotta, nonché esempio di denuncia sociale. Libro espressivo, adatto ad ogni tipologia di uomo, siciliano e non.
Recensione sulla silloge "Poesie dall'Africa" di Senghor
Senghor, grande uomo, tanto da scrivere spettacolari poesie. Il libro Poesie dall’Africa trasmette un’atmosfera africana, sub sahariana, da vento che viene dal sud del mondo, un vento che porta parole, messaggi, frasi semplici e dirette. Leggendo queste poesie sembrerà di stare passeggiando per le vie di un ambiente caldo. Il baobab impresso sulla copertina apre le danze, ti dice: “sei a casa, vieni a conoscerci, dialogare e imparare insieme a noi”.
A parlare sono i versi caldi, portati da quel vento citato prima, non è Libeccio, non è Ostro, è il vento dell'anima, l'alito di vita che gli africani portano con loro, con la loro umiltà, l'amore per la terra e il sorriso che insieme alla poesia regala sogni di cambiamento verso un mondo comunitario e pluriculturale.
Léopold Sédar Senghor (Joal, 9 ottobre 1906 – Verson, 20 dicembre 2001) è stato un politico e poeta senegalese di lingua francese che, tra le due guerre fu, con l'antilliano Aimé Césaire, il vate e l'ideologo della négritude.
Senghor è stato il primo presidente del Senegal, in carica dal 1960 al 1980. È stato inoltre il primo africano a sedere come membro dell' Académie française. È stato anche il fondatore del partito politico Blocco democratico senegalese. I suoi contributi alla rivisitazione e riscoperta moderna della cultura africana ne fanno uno dei più considerati intellettuali africani del XX secolo: dalla letteratura alla scultura, dalla filosofia alle religione.
Cercò di realizzare un socialismo umanistico.
Recensione sui "Rammstein", gruppo industrial metal reboante e decadente.
Nel 1995 si formava il gruppo industrial-metal per antonomasia, i Rammstein. La musica iniziale è techno, che trasborda successivamente e fortunatamente in una musica più dura e forte, dai riff semplici, accordi quasi elementari, ma dai motivi eccezionali.
Potremmo analizzare, passando in rassegna i membri, le
origini del progetto. Ma prenderemo in esame i video, non essenzialmente per
l’impatto scenico, ma per ciò che significano. Troveremo fiori e occhi azzurri
per ironizzare sull’arianesimo. Corde che tirano una barca, ma le corde sono
tirate da uomini, e loro usano le braccia del lavoro. Nel 1997 arrivano le
prime immagini presenti anche in un film. La realtà di un night fortemente
estremizzata.
Ma l’estremizzazione è il piatto forte. Ecco arrivare video
con protagonismi i tradimenti, le esche, le vampate e l’alcool. Insomma codesti
video rappresentano i mali della società, ma andiamo avanti.
Mannari e olimpiadi. Trasposizioni adattate ad un tempo
nuovo, che vive nel presente, di una remota Biancaneve, quindi lotte animali
che nascondono la metafora della ripresa degli spazi da parte della natura.
Rapine, idoli e consensi. Sembrerebbero una grande accozzaglia, ma sono molto
di più, sono il calderone della genialità.
Madre e figlio, rapporto morboso, come è quello di un uomo
verso un altro, da cui decide di farsi mangiare. Tornano le scene dei film, le
scene di un esilarante ripresa dello sbarco lunare, perché ciò che non è
americano debba apparire comunque tale.
Arrivano i presunti disagi nel gruppo, metaforicamente
riprodotti in due video dove si celebra la scomparsa di un membro, il cantante.
Uomini rock grassi, dalla vita opulenta, in contrapposizione
alla vita dura dei pompieri.
Tragedie, come in un villaggio rumeno; uomini contro uomini,
spremuti dall’omofobia; ergo la risposta del porno etero, come per par
condicio.
Il mare, come dimenticare il mare, la spiaggia dove si è
nascosto il famigerato assente.
Colpo di scena finale, con ritorno al classicismo, come
amavano fare i movimenti culturali, come tornavano ai tempi remoti le dittature
e le dottrine, che compaiono in due
video, con seguito di rivolta ed elementi musicali decadenti e ben riusciti.
Recensione sull'attrice Arianna Notaro
Arianna Notaro è un attrice e come insegna l’etimologia
del termine l’attrice agisce: compie movimenti, ha una sua mimica facciale, una
particolare gestualità, poiché linguaggio non verbale e paraverbale sono parti
complementari di questa azione.
Arianna Notaro diviene nelle sue interpretazioni
il personaggio, che debba essere sensuale e folle come la cameriera nello
spettacolo “Frankenstein. Ad un passo dal confine”, che sia dura e diretta come
la poliziotta nello spettacolo “Moby Dick, il Canto e il Buio”.
Coglie gli aspetti negativi e positivi del
carattere da interpretare , da rivelare, li trasmette così al pubblico.
Ogni singolo movimento muscolo facciale è atto a
dire al pubblico che quel personaggio vive, è l’attore, ed entrambi coesistono.
Del resto questa forma d’arte serve a far viaggiare, serve a far dimenticare in
quale dimensione si è entrati e in questo compito l’attrice in questione è già
ben più avanti della fase di coltivazione del proprio talento, ha raggiunto l’obiettivo
e supererà altri traguardi.
Oltre agli spettacoli citati prima, tenutisi con
la compagnia di cui fa parte cioè “Arsenico Cafè”, l’artista ha partecipato all’evento
artistico “Gocce di Poesia, arte ed emozioni” ideato da Luigi Pio Carmina e
Salvuccio Barravecchia. In questo spettacolo ha colto ogni singolo verso, ogni
pensiero e sensazione degli autori delle poesie da lei recitate. Qualità primaria
per chi empaticamente trasmette linfa vitale ai sensi che faranno da ponte tra
spettatori e attori.
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Arianna Notaro durante le prove della manifestazione artistica "Gocce di Poesia, arte ed emozioni". Foto di Luca Castiglione |
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Scena dello spettacolo "Moby Dick, il Canto e il Buio. Foto di Davide Notaro |
Recensione sulla quadrilogia di "The Giver" di Lois Lowry
La quadrilogia di “The Giver” ha una caratteristica peculiare: il riuscire a far comparire personaggi principali di uno dei libri come personaggi secondari, e a volte irrilevanti, di altri libri della saga. La storia di ognuno dei libri è singolare e al contempo è strettamente collegata agli altri. Il focus cambia repentinamente per descrivere ora crudeltà, ora ambienti e villaggi gestiti con metodi distopici. Ciò lo fa entrare nella letteratura mondiale del genere. Potrete leggere tre le righe ciò che rientra nell’immaginario degli uomini, realtà che si cercherebbe di allontanare il più possibile, etichettandoli come incubi e non come scenari onirici ed idilliaci. Quadrilogia più che realistica vista la realtà che stiamo vivendo e che in passato avrebbero definito distopica. Adatto ad ogni genere di età, ogni genere di lettura e popolazione mondiale.
Recensione su "Rosso più dell'inferno" di Jessica Di Bona
Un testo scritto benissimo, con molti termini ricercati.
L'ironia la fa da padrone, così come il dramma in una commistione unica. L’autrice,
Jessica Di Bona, crudele ed esagerata nei giudizi esprime e riassume l'animo
negativo degli uomini. Sembrerebbe in parte autobiografico, con introspezioni
proprie dell'autrice, si inoltra nel punto di vista maschile, immedesimandosi
in esso, quasi come fa Coetzee con la sua Elizabeth Costello. Punge la fantasia
del lettore e le emozioni anche dolorose di tutti. Traspare l’idea di
diffondere le proprie opinioni scagliandole come frecce, senza fronzoli, senza
attese, senza tergiversare. Le opinioni sono camuffate da prosa, prosa che fa
rabbrividire per il proprio messaggio intrinseco.
Recensione su "Elizabeth Costello" di Coetzee
Coetzee scrive questo libro, a metà tra il saggio e il
romanzo. Oppure è meglio dire che lo scrive a due mani con la protagonista :
Elizabeth Costello. Lei è una scrittrice
che affronta, durante alcune conferenze, dei temi cruciali per lei e della vita
in genere. A parlare è appunto l’autore che veste i panni della scrittrice
australiana. È presente nel testo una chiara figura retorica quale la climax,
si passa quindi dal nero delle ombre dell’animo della scrittrice, al grigio del
suo fisico simboleggiato dai capelli, al bianco del foglio che sarà poi scritto
e che fungerà da luce della sua vita.
Il personaggio scrive romanzi sugli uomini, immedesimandosi
in essi, così come l’autore del libro tenta di fare con il suo alter-ego
femminile, immergendosi nella sua sensibilità, motivo per il quale vediamo
l’affiorare di pensieri istantanei nella mente di Elizabeth ogni qualvolta le
si pongono delle domande, come fosse un dialogo estemporaneo con se stessa.
Emergono l’alterità, il confronto con il diverso, le sue domande sull’apparire,
piaga che aleggia nel mondo, dall’aspetto formale delle conferenze, a quello
che lei dovrà dire o fare. Si alternano le domande poste a lei e da lei al
pubblico, soffermandosi su alcuni punti, come i libri che spariranno
dall’immaginario comune dopo pochi anni, se non verranno ripubblicati da altri
editori, tutto ciò che è stato scritto quindi andrà perso per sempre. Si parla
di identità, come quella africana, dell’oralità dei contenuti, delle tradizioni,
di come mangiano o si muovono gli abitanti di quel determinato luogo, di come
desiderano vivere con gli altri e nell’insieme della collettività. Non mancano
le accuse alle convenzioni, come l’imposizione della traduzione necessaria per
essere letti altrove, come se si scrivesse per il mondo occidentale. Le accuse
al mondo cattolico che crede di essere al centro dell’umanità, gestendo
l’istruzione, l’interpretazione dei testi e la vita di quei popoli aiutati
materialmente, ma schiavizzati nelle mente e nelle idee, come quelle
artistiche. E infine il male, che viene visto come un’attrazione, a volte
odiato, a volte amato, in questa dualità di contenuti atti a rendere viva la
stessa scrittura. Non poteva mancare la domanda finale sul credo, la cui risposta
si trova nel medesimo bisogno di credere di ogni essere umano.
J. M. Coetzee (come firma i suoi libri) è uno scrittore estremamente eterogeneo, celebre per le sue opere di narrativa, critica e per le numerose attività accademiche che lo hanno visto impegnato come professore, linguista e traduttore. È uno dei maggiori esponenti del postmodernismo e postcolonialismo del XX secolo.
Recensione del romanzo "Da Kosmà a Cosmà" di Luciano Spaccapietra
“Da Kosmà a Cosmà" è l'apoteosi dell'accostamento tra
episodi di vita vissuta alternata alla storia dell'umanità, tra metafore di
esistenza e similitudini dell'animo e della mente. Esso può essere collocato tra
i miei romanzi preferiti, come Narciso e
Boccadoro, di Herman Hesse e libri del genere distopico come Il mondo nuovo, Ritorno al mondo nuovo, Fahrenheit
451 e 1984.
Questo romanzo lo definisco drammatico e quasi autobiografico
allo stesso tempo. Vi è uno spaccato della vita greca e della vita dell’Italia,
in un periodo dove i nazionalismi esasperati saranno vissuti proprio sulla pelle
della popolazione e dell’autore del libro. Il genere non si può definire puramente distopico, come i romanzi
elencati prima, poiché è una storia realmente successa nel passato, ma allo
stesso tempo è ciò che l’uomo non vorrebbe mai vivere, cioè l’allontanamento
indotto dalla terra della propria infanzia, e il cambiamento forzato della
propria cultura, equiparato ad una violenza. Emblema è la lettera di un nome
che cambia, come se con essa cambiasse anche la persona in questione. Come in “Narciso
e Boccadoro”, ironia e lotta si
intrecciano in una storia ricca di colpi di scena. Ecco perché queste pagine
sono tra le migliori lette fino a questo momento.
Recensione sulla silloge poetica di Carlo Puleo: "Il restauratore di sogni"
Parole fuse tra di loro sono quelle di Carlo Puleo. Con questa unione, sancisce il completamento di significati profondi, parole composte che meglio non possono descrivere un soggetto o un oggetto.
Poesie che vanno ad esprimere un dipinto, ma non come fossero una sua didascalia, poiché in questo caso è il dipinto che farà da didascalia alle parole. Una forma che sembra non potere esistere senza la presenza dell’altra espressione artistica, culminando in un’immaginazione unica sia per chi legge che per chi guarda i dipinti del pittore/poeta in questione. Si parla di utopia, utopia che verrà raggiunta tramite la stessa arte, da qui il collegamento a Babele, definizione di lingue accomunate per un unico obiettivo. Assonanze esclusive che parlano perfettamente, ora di erba, ora di natura. Mai ho letto versi che dipingessero il sogno in maniera così azzimata e curante dei particolari. Non per ultimo alla base dei testi c’è la denuncia sociale, così da essere adatto a qualsiasi lettore, dai bambini agli adulti di qualsiasi realtà.
Recensione sulle sculture di Torquato La Mattina
Le scultura di Torquato La Mattina ha visto tre periodi diversi di espressione. In un primo periodo linee ferme si alternano a linee sinuose, figure quasi meditabonde si alternano a figure capaci di far fuggire il pensiero.
In un secondo periodo si passa allo “straccio”, opere per
essere ideate come già lacere, come invecchiate da un tempo malinconico. Si
intravedono in queste ultime menzonate gli stessi uomini, logori all’interno, a
volte con una reazione intrinseca, un feedback positivo riposto nel colore.
Uomini stracciati da altri uomini, che sanno reagire al momento giusto, si
denotano in opere degne di tale merito.
Il terzo periodo apre le porte al radiatore, per irraggiare
quella speranza intravista con i colori precedentemente strazianti, per dare non
solo colore, ma calore, come in contrapposizione all’apparente fredda figura
del primo periodo. La luce sembra quasi essere catturata, per non più
fuoriuscire, ma abbagliare al contempo.
Chiari i messaggi e le denunce sociali contenute in molte
opere, i cui dettagli da osservare con cura rendono benissimo l’idea.
Anche per meno di trenta denari |
Artista,
nato a Ferentino (FR), il 19/03/1955, opera nello studio artistico “EIKON” in
Via FRANCIA n. 22/24 a Canicatti’ (AG), ha studiato presso l’istituto statale
d’arte “ F. JUVARA” di S. CATALDO (CL).
Tracce vettoriali |
Recensione sulla raccolta di racconti "Black e Noir" di Yami Yume
"Black e Noir": una raccolta di racconti dal genere horror, noir, thriller e fantasy. Questi generi hanno aspetti comuni, ma l’autrice Yami Yume con la sua vena narrativa riesce a farli intrecciare perfettamente.
Lo stile è semplice, sembra che si parli ad un
bambino o viceversa, e in entrambi i casi si crea il ponte verso la
comunicazione fanciullesca dell’animo.
Si denota un percorso espositivo basato sulla
fantasia, ma anche su un’analisi interiore riguardante ciò che si nasconde
nei meandri della mente umana. Cosicché, ad esempio, la descrizione di un sogno
viva con propri particolari e il finale, di molti racconti, colpisca l’attenzione
del lettore, che proseguendo nella lettura assorbe il contenuto in un crescendo
di curiosità.
Tramite la lettura di ogni pagina si gioisce poiché
continuerà con il successivo racconto il dialogo che l’autrice intraprende amabilmente con
il lettore.
Yami
(conosciuta anche come Yami Yume) è una scrittrice emergente originaria della
Sicilia, innamorata del Giappone e della Corea del Sud e di ogni forma d’arte e
cultura di questi Paesi.
Affascinata dal mistero e dall’universo onirico e fantastico, scrive storie
fantasy e horror, gran parte delle quali ispirate a sogni e incubi da lei avuti
nel corso degli anni.Recensione sulle pitture di Carlo Puleo
I colori di un’opera pittorica potrebbero essere
causali, i colori immessi in una tela senza parametri di sorta, ma se i colori
vengono da una ricerca interiore ecco che prendono vita le pitture di Carlo
Puleo.
Non è un caso che il pittore in questione scriva
anche poesie e racconti. Un grande pittore potrebbe anche non scrivere. Un
grande scrittore potrebbe non saper minimamente riprodurre arti visive. Ma nel
caso delle personalità geniali tutto ciò è possibile. Un grande pittore vede
nella sua opera un racconto, una poesia, che riesce anche a venire fuori.
Prendere forma nei colori, nei contrasti tra questi ultimi. Carlo Puleo rende
armonioso ciò che si osserva. I suoi quadri riproducono dei sogni, i sogni non
riuscirebbero a riprodurre una sensazione simile. Il verde, il blu, il rosso e
il giallo sembrano riflettere, per comporre versi e illuminare la vista degli
astanti ammiratori.
Spesso, sguardi dipinti sembrano puntare direttamente verso chi osserva,
creando un ponte tra realtà e mondo immaginifico. Nessun particolare
riguardante la natura è assente, come più che presente è l'animo del
pittore in questione.
Il sogno del poeta |
Pittore e scultore, ha pubblicato anche diversi libri di poesia e racconti.
L'esodo |
L'isola di Orfeo |
Recensione sulle sculture di Francesco Giglia
Opere senza tempo, senza il minimo bisogno di equilibrio, ma essenzialmente alla ricerca continua di esso.
Questo è quello che trasmettono le sculture di Francesco
Giglia. Questo è il messaggio nascosto?
La comunicazione, con lo sguardo degli astanti, è palese. Si
potrebbe dire che questo è il compito della scultura, ma non è sempre così, nel
caso preso in esame le curve sembrano vivere in uno dimensione spaziale
parallela, sembrano invitare la mente alla sintonizzazione di una musica quasi
impercettibile delle sfere.
L’artista ricerca materiali sempre più prossimi al suo
animo, per dialogare con essi, comporre la materia e averne un contatto
tattile. Perché altri possano poi, a loro volta, creare un contatto visivo e
rimanere estasiati da cotanta sensualità e sensibilità.
Il richiamo è alla maternità, alla perfezione fisica di un
corpo femminile, alla sua grazia, al suo essere portatrice di vita e fecondità.
La sinusoide è un calcolo mentale, la sinuosità di queste
opere è un’operazione mentale culturale e artistica dell’anima.
![]() |
GESTAZIONE Terracotta- marmo 1985 altezza 50 cm |
![]() |
GUIZZANDO...PRECIPITAI VERSO IL CIELO.alabastro siciliano 2011 |
![]() |
SE NON HAI ALI...NON PUOI SOGNARE. marmo rosa del Portogallo 2014 |
Recensione sul libro "Dal Chiapas (quasi un diario)", di Salvatore Inguì.
Dal Chiapas (quasi un diario) di Salvatore
Inguì, edito dalla Navarra Editore, è molto più che un diario.
È l’elaborazione piena di un viaggio,
non un viaggio turistico come afferma anche l’autore nel testo, ma un viaggio
nell’animo delle popolazioni che vivono in parti del Messico oltraggiate
quotidianamente dal governo. Le popolazioni che vi risiedono sono i tzotzil, i ch’ol e i tojolabal,
discendenti dei maya e degli aztechi, a loro volta sterminati, usurpati di ciò
che più faceva loro amare la vita, cioè la terra e il contatto con essa e la
natura.
Questo scritto non è il diario di un
esploratore. È il diario del viaggio in una cultura altra, che permette di
mettere fuori gioco false credenze, pregiudizi di sorta che potrebbero avere
altri avventori.
Tramite la lettura di questo libro la vostra mente viaggerà, e una porzione
delle emozioni di quella popolazione entrerà in noi. Un buon libro lascia che
lo spirito vaghi, e la mente ricordi, ma per dare una mano e stringerla alla
varie etnie offese bisogna prendere l’aereo e tornare quando il sorriso avrà contagiato
ambedue le parti.
Salvatore Inguì, nato nel 1963, vive a Marsala ed è assistente sociale. Referente provinciale per Trapani di "LIBERA - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie".
Recensione sul libro "Uomini di scorta" di Gilda Sciortino, edito da "Officina Trinacria Edizioni"
“Uomini di scorta”, è un testo emotivo,
scritto da Gilda Sciortino, giornalista palermitana. È un testo emotivo perché
tramite le parole dei poliziotti colleghi, e prima di tutto amici, delle
vittime degli attentati del ’92, è stata data voce a questi angeli custodi.
Angeli custodi di personaggi scomodi per
uno stato, che teoricamente di esso fanno parte, e da cui non sono stati
tutelati minimamente, e possiamo benissimo dire uccisi.
Tramite questo libro è possibile
ascoltare le urla di protesta, di rabbia, di uomini leali con sogni di libertà,
di moralità, di mera legalità. Perché come sono solito dire: <<O si
sceglie di essere mafiosi, o si va contro di essi>>. Non dovrebbero
esistere in questo caso le mezze misure, che creano omertà, ignavia, da condannare
quasi quanto la mafia stessa.
Con queste righe la giornalista ha
scelto bene: lottare, scrivere, parlare,
regalare uno spazio a quegli uomini che hanno dato la vita perché altri
potessero respirare aria pulita.
La situazione negli ultimi vent’anni è
anche peggiorata, ma la penna di persone come Gilda, la grande volontà di
difendere le idee da parte di editori come Salvatore Insenga, fanno sperare per
il futuro.
Con questo libro vedrete con i vostri
occhi ciò che hanno provato i poliziotti alla vista degli amici dilaniati dagli
ordigni esplosivi, ciò che hanno provato i cittadini all’udire le bombe. Ciò
che hanno provato gli agenti di scorta che per un caso, o per altri motivi quel
giorno non sono periti nell’attentato. Tutte voci che in pochi volumi prendono
vita, ergo ringraziamo Gilda Sciortino, Salvatore Insenga, l’intera casa
editrice “Officina Trinacria Edizioni”, e chi lotta per una vita dedita agli uomini di
molto buon senso.
Recensione sulla raccolta di racconti "Murder - Omicidi a Natale" di Antonella Polenta
Quattro racconti appartenenti al genere giallo, con elementi horror in alcuni e thriller in altri, che li rendono coinvolgenti.
Il lettore si trova quasi a essere un personaggio tra i tanti, la cui personalità si intreccia con quella degli altri a costituire una trama molto fitta.
In quasi tutti i racconti il passaggio di scena in scena lascia il lettore stupito e allo stesso tempo crea una curiosità unica. Tre dei quattro racconti sono ben dettagliati e argomentati, il più breve è per di più geniale.
Accenni di geografia, storia e religione, rendono l’esposizione eclettica, senza superare mai i confini del narrato.
È tangibile la volontà di fuggire, di evadere, come nel racconto ambientato a Palermo, dove alcuni ragazzi decidono di provare un’esperienza forte, che in seguito si rivelerà addirittura cruenta.
È apprezzabile la cura con cui è stato affrontato il tema del confronto internazionale, della volontà dei personaggi di incontrare uomini e donne di altre nazioni, di conoscere l’alterità. Quanto detto si può leggere, ad esempio, nel desiderio dei ragazzi irlandesi di viaggiare e comprendere ciò che l’Italia può insegnare, attraversando l’intera penisola.
La scrittrice s’immedesima in modo eccellente con la vita, i personaggi e le caratteristiche culturali dei luoghi; sembra quasi fosse vissuta nei medesimi ambienti, talmente sono particolareggiate ed esatte le descrizioni apportate.
Nascosto tra le righe c’è un appello ai numeri, al numero 4 per l’esattezza. Si denota nel racconto proemiale, che gli omicidi compiuti nella stessa città scandinava seguono il percorso dei punti cardinali: nord, est e sud, lasciando l’incognita “ovest”. I quattro racconti seguono lo stesso percorso nord, est e sud, prendendo in esame però l’intero continente europeo, quindi il racconto sopra citato non è altro che uno specchio ridotto dell’intera opera. Inoltre, sempre considerando il susseguirsi delle storie, dei luoghi abitati dai personaggi e i loro spostamenti, ho riconosciuto una figura geometrica: il trapezio, riconducibile sempre al numero 4, disegnato come già detto sull’Europa.
Leggere questi racconti è un’emozione, parlarne è un onore.
Recensione sul libro "La dolce incoscienza dell'immoralità" di Maurizio Bellavia, edito da Spazio Cultura Edizioni
Ancora prima di leggere il racconto“ La dolce incoscienza dell’immoralità” mi sono soffermato sulla copertina. Cercavo di capire se nella statua raffigurata si stessero abbracciando due donne oppure un uomo e una donna. Partendo dalle forme rappresentate si potrebbe fantasticare, ma l’aspetto fondamentale è che si denotano due persone che si amano, a prescindere dal sesso, quello che conta è infatti l’amore. Nello scritto è presente uno scontro di fenomeni, l’amore positivo, contro la guerra negativa. La società protagonista con le sue formalità va ad etichettare come immorale l’amore tra due donne e tratta come ovvio l’aspetto bellico del mondo. Antisonante con la logica, quando l’amore gay dovrebbe essere considerato ovvio, e la guerra no. Altri forti e bei contrasti arricchiscono il racconto come il tramonto incontra l’alba dei sentimenti. Variegati e sintomatici argomenti ruotano intorno alla storia, come dalla denuncia dello sfruttamento dei migranti, alla situazione di abbandono e disagio in cui si trovano a vivere gli anziani. È scritto con cortesia, senza tirarla per le lunghe in nessun capitolo. Vi sono molte similitudini; la più bella metafora del libro è però l’incipit, un mobile allontanato dal muro lascia osservare un alone prima nascosto: metafora dei tabù adesso scoperchiati. A mio parere la capacità di creare similitudini da parte dell’autore, Maurizio Bellavia, è inconscia ed innata, un vero talento. Una vera scrittura “incosciente”.
Recensione sul talento interpretativo di Pasquale Alibrandi
L’attore Pasquale Alibrandi ci tiene a far regalare
sussulti profondi alle righe che interpreta. Ma non sono da meno la vivacità,
le provocazioni, la frenesia che, trasmesse dalla voce, testimoniano
l’abnegazione di questo artista nel fare teatro.
Riesce artisticamente a vedere oltre, è capace di
regalare immaginazione, nostalgia e gioia.
Interpreta perché legge con empatia ciò che vuole
dire l’autore, grazie anche al fatto che è autore egli stesso. I due talenti
sono paralleli, ma come sfere di positività divengono a volte tangenti. E
quando si intersecano regalano brividi.
Recitare il vernacolo è uno degli aspetti
migliori, poiché sente il territorio in cui vive e riporta dignità al parlato
locale.
Recensione sulla pittura di Salvina Ginevra
L’acqua è vita, il verde spinge a sperare, la casa a sognare l’intimità rincorsa. Sono tutti aspetti che possiamo riscontrare nell’opera di Salvina Ginevra.
Come
guidata e ispirata dall’opera che comincia a prendere vita, l’artista cammina
con i contorni interni, con l’amore per i confini disegnati, ma che spingono
l’occhio a cercare il resto circostante, come se un particolare non potesse
vivere senza il resto, ma ancor di più l’opera nel suo insieme non potesse
esistere senza neppure un dettaglio mancante.
Osservando l’opera questi pensieri sono
sopraggiunti immediatamente, come se venissero da un disegno presente nella
mente, sia dell’artista e sia di chi osserva. Quiete e movimento sono in lotta
e trovano compimento nella natura raffigurata.
Salvina Ginevra nata a Vizille, vive a Grenoble. La pittura è stata la sua passione sin da bambina.
Recensione sul talento musicale di Alberto Zimone
Quando la musica prende, riempie lo
spirito, fa sognare, immaginare ciò che le note vogliono raccontare. Ed è in
questo che riesce l’artista Alberto Zimone. È dal punto di vista musicale,
poliedrico, dotato di tecnica intensa e perspicace. L’apertura verso il suono
da produrre gli consente di passare dal genere metal all’arpeggio, da un motivo
aggressivo, ad un motivo suadente o malinconico. Riesce a sentire come proprie
le poesie ascoltate per comporre un accompagnamento uditivo, immedesimarsi in
strumenti la cui chitarra giocherà, inventerà, trasformerà l’inverosimile.
Ogni idea è per Alberto Zimone una
sfida, un mettere a proprio agio l’arte di udire, l’arte di muovere e tendere
le corde, l’arte di far godere in ogni istante della presenza della chitarra.
Inoltre, il suo talento eccelso, riesce
a far emettere prodigiosi suoni anche ad altri strumenti, quali essi siano il
marranzano o strumenti a percussione. Ecco l’esempio di musica per le orecchie
di tutti coloro che sono capaci di ascoltare e di emozionarsi.
Recensione su "Il libro delle vergini imprudenti"
Un libro che va al di là dell’intuizione
di una storia costruita tra visitatori di un blog. Una storia che entra
inconsapevolmente nell’intimo dei personaggi. Personaggi che entrano
consapevolmente nelle trame delle vicende.
Ho potuto osservare e vivere, leggendo
questo scritto, molte delle sensazioni provate dagli scrittori e dai loro
personaggi, che reagiscono all’unisono alle caricature di una vita che non
rende merito, che potremmo dire che “non fa per loro”.
È un opera ricca di significati, di
parossismi, di iniziative di rivalsa, di contesa verso chi sta intorno ai
protagonisti, coloro che non credono negli stessi, molteplici protagonisti.
Vi sono anche spunti scientifici, come
l’energia di Ighina, gli spunti di chi fa domande, dialoghi interni e da flusso
di coscienza, in una straziante relazione con sé stessi, come si nota nel
racconto di Agata.
Tutte hanno nomi di sante, Caterina,
Rosalia, Lucia, Chiara e Agata, e come in tutti i racconti ove uno dei fattori
costituenti è religioso, vi è la presenza della vegetazione, dei frutti, dei
doni naturali, dei prodotti derivati e figli della spiritualità umana. Esempio
eclatante è l’olio, l’olio sperperato, l’olio che sarebbe servito per entrare
in una società, falsa, ma soprattutto priva di immedesimazione.
Libro consigliato a chi non consiglierebbe
necessariamente la prudenza, ma l’imprevedibilità della vita. Recensione sulla raccolta di racconti "La cucina arancione" di Lorenzo Spurio
Leggendo i racconti de “La cucina arancione”
ho visto come tra le righe il copione di alcuni cortometraggi. Cortometraggi
che rappresentano vite vissute a metà, così come recita il primo racconto.
Racconti dai generi multipli, si salta dal racconto drammatico, al racconto
horror, un orrore vissuto dai primi attori e personaggi. Drammi dell’animo, un
animo spesso osteggiato dagli stessi protagonisti, e da persone a loro più o
meno vicine, che non vedono più la sofferenza, che porta il più delle volte
alla psicopatia.
Si passano in rassegna le più disparate
dinamiche della mente umana, dalle semplici manie alle gravi patologie. Parole
dure e crude, quelle di Lorenzo Spurio, che riflettono in maniera
inequivocabile ciò che gli interpreti provano e subiscono da loro stessi e
dagli altri.
Continuando a leggere sentivo come della
musica giungere alle mie orecchie, musica decadente, arcana, labile, sembrava
come di ascoltare un cd completo di musica rock molto pesante, che lascia il
segno inciso, più che in un supporto metallico, in un supporto cartaceo.
I colori descritti inoltre rendono chiara
l’idea della vita, che oltre ad essere vissuta “a metà” è avvolta in un
parossismo unico, un arancione “che da oppressione e ridondanza”,o fili
“elettrici bluette” che portano la morte.
Quel che si leggerà sarà una psiche spesso
assopita dalla società, che si risveglia e rivede in un pezzo di legno
antropomorfizzato il proprio alter-ego. Al lettore rimarrà un velato “ghigno
indispettito d’indignazione”.
Lorenzo Spurio (Jesi 1985) si è laureato nel
2011 in Lingue e Letterature Moderne all’Università degli Studi Perugia. È
autore del Blog Letteratura e Cultura. Dirige la rivista online di letteratura
Euterpe. Ha pubblicato altri testi di narrativa e saggi critici come Ian McEwan
: sesso e perversione.
Recensione sul romanzo "Quando parlano le nuvole" di Massimo Romano
Leggendo il libro di Massimo Romano “Quando parlano le nuvole” ho avuto l’impressione di leggere la descrizione di un bambino indaco, i bambini che durante tutti i cambiamenti di età astrologica aiutano l’umanità a fare il passo decisivo. Così è Pachi, il protagonista della storia. La sua ingenuità, e la sua bontà sono percepite all’inizio solo dalle nuvole. Sono candide, quelle che vede il suddetto ragazzo. Una bontà che va oltre i pregiudizi, che possiamo dire essere inesistenti nella mente del personaggio. Tra le tematiche chiave affrontate dall’autore c’è l’ignoranza del popolo che collima perfettamente con l’ignoranza sociale che è meramente presente nella nostra popolazione mondiale, un’ignoranza sentimentale. Ed proprio a costoro che consiglierei la lettura dello scritto, oltre a tutti coloro che amano leggere righe significative cariche di emotività, suspense e profondità. Con le sue parole dirette arriva a penetrare nell’animo, creando come uno zoom dei pensieri, a volte molto astratti. I miei complimenti all’autore.
Massimo Romano è nato nel 1946 a Castellammare del Golfo. È autore, attore e regista di prestigio. Vive a Palermo.
Vincenzo Verderosa con le sue dita, che
toccano lievemente lo hang drum, crea una musica intensa, interiore, vibrante,
sembra quasi che le emozioni suscitate comunichino con il medesimo strumento.
Invita alla meditazione, pronta a far
cessare pensieri cupi, spingendo l’immaginazione verso orizzonti surreali. Chi ascolta può abbandonarsi al suo suono, ad
occhi chiusi vagare verso l’infinito, instaurare un dialogo di passione con la
natura e la musica in un duetto eufonico. Ansia e angoscia sembrano annullarsi
per lasciare spazio alla più intima emozione.
Lo hang drum è costituito da due semisfere appiattite,
con cavità laterali che sfiorate o toccate conferiscono il caratteristico suono
di questo idiofono a percussione diretta. Il Termine “hang” indica proprio la
mano, che in sintonia con lo strumento porta all’estasi dei sensi.
Vincenzo Verderosa, nasce il 09 02 1957 a Palermo.
Infermiere, aiuta chi soffre grazie alla peculiare sensibilità musicale.
Aiutare ad alleviare le sofferenze e suonare convivono nel talento di questo
artista che ha fatto di ciò una missione.
Recensione sull'attività pittorica di Antonio Pilato
Le pennellate sono dirette, come i messaggi trasmessi dalle opere.
Gli
squali sono metafora di una società dove l’uomo è più di un lupo, è un
aguzzino. La medesima società dove i potenti portano la guerra tra
poveri.
È
chiara la trasposizione dei colori accesi, contornati dai colori scuri. Colori
accesi come il sangue versato nel mare da gruppi di migranti, neri come la
tempesta che li attende in un Mediterraneo che non è alcova di accoglienza.
Vediamo
anche, in uno dei quadri di Antonio Pilato, l’effusione di una madre per un
figlio, stretti in un abbraccio colmo d’affetto, compendio di amore nelle sue
sfaccettature.
Traspare,
in uno stilizzato ricercato, la volontà di riscoprire il proprio io perso, in
un inconscio fugace.
Il
contrasto di alcuni colori da un pugno allo sguardo, non nell’accezione
negativa più comune del termine, ma in un significato di risveglio da un luogo
metafisico assopito.
La
tela dipinta diventa significato, il pennello l’introspezione significante di
questo artista.
Antonio
Pilato, originario della provincia di Agrigento, è migrato da giovane a Milano,
dove in seguito ha insegnato filosofia e pedagogia. Sin dalla sua adolescenza è
vivo l’interesse per le arti figurative.
Recensione su "La Divina Ironia" di Salvuccio Barravecchia
Recensione su "La Divina Ironia" di Salvuccio Barravecchia
Testo
a metà tra il trattato, il saggio e il racconto, già dalla copertina si può
intuire ciò di cui si narrerà. È come un vaso di Pandora che non è pronto ad
esplodere, ma è già esploso in quelle righe, mentre l’autore scriveva parole pensate
e pensanti. Il titolo contiene più di una figura retorica, l’ironia difficile
da comprendere e da fare, da cui si può leggere in modo velato “ira” e “mia”,
un anagramma modificato che rappresenta ciò che vorrebbe dire uno dei
protagonisti, cioè Dio. In questo libro si passa in rassegna la religione, con i
suoi tabù, collegamenti letterari, come per esempio con l’opera del nostro
grande poeta Dante.
Racconto geniale dove traspare anche la tragedia delle
sofferenze e la commedia che gioca con
l’ironia, per l’appunto; tutto in un equilibrio dinamico. Si trovano rime in
prosa come fossero versi dalla verità mai conosciuta.
È riscontrabile infine il contorno della
filosofia e della storia, con altri e alti argomenti sviluppati, che coincidono
in un grande gioco di parole e di idee che è questo fine capolavoro.

Salvuccio Barravecchia è nato a Pietraperzia (En) il 05/11/1974. Fine e profondo scrittore, poeta e autore e regista di teatro. Inoltre è ideatore e organizzatore di eventi artistici-culturali rivoluzionari.
La Divina Ironia è la sua ultima pubblicazione.

Salvuccio Barravecchia è nato a Pietraperzia (En) il 05/11/1974. Fine e profondo scrittore, poeta e autore e regista di teatro. Inoltre è ideatore e organizzatore di eventi artistici-culturali rivoluzionari.
La Divina Ironia è la sua ultima pubblicazione.
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